Un articolo interessante sulla rivista edita da Il Mulino: a cura di Paola Di Blasio, Dibattito sulla validità e affidabilità scientifica della Sindrome da Alienazione Parentale (PAS), in “Psicologia clinica dello sviluppo” 2/2013, pp. 315-316, doi: 10.1449/74827.
La sindrome da alienazione parentale (PAS) formulata negli anni Ottanta dallo psicologo forense Richard Gardner, si è imposta anche in Italia all’attenzione di esperti di varie discipline, è entrata nelle aule giudiziarie e, negli ultimi mesi, è stata oggetto di attenzione anche da parte dell’opinione pubblica in relazioni a fatti di cronaca ripresi dai media in numerosi interventi.
Gardner definisce la PAS una sindrome (un gruppo di sintomi che si presentano insieme e che caratterizzano una specifica malattia) che tipicamente si manifesta nelle situazioni conflittuali e, soprattutto, nel contesto delle dispute per la custodia dei figli, I bambini «programmati» dal genitore alienante mettono in atto una campagna denigratoria nei confronti del genitore «alienato» e gli ascenari» denigratori propri dei bambini integrano e completano quelli provenienti dal genitore «programmante». In tal senso la t’sindrome da alienazione genitoriale» è il risultato di una combinazione di indottrinamento/programmazione da parte
del genitore e dell’atteggiamento attivamente denigratorio da parte del bambino.
Queste caratteristiche configurano un vero e proprio «abuso emotivo» del figlio manovrato e controllato dal genitore con conseguente esame di realtà alterato, narcisismo, indebolimento della capacità di provare simpatia ed empatia e mancanza di rispetto per l’autorità, estesa anche a figure non genitoriali. In presenza di abusi o trascuratezza, l’awersione del bambino può, invece, essere giustificata e pertanto la diagnosi di PAS in questi casi non solo non è applicabile ma è compito degli operatori garantire la protezione del bambino vittima.
In relazione alle tre tipologie di sindrome da alienazione genitoriale (lieve, mo derata e grave) l’Autore suggerisce approcci psicologici e legali diversi. Quello indicato nel caso di PAS grave prevede che il tribunale trasferisca la custodia primaria al genitore alienato attraverso «un collocamento intermedio» (in casa di amici, comunità, ospedale) per facilitare la separazione tra genitore alienante e bambino e, parallelamente, per sollecitare un riavvicinamento col genitore alienato.
Gli studiosi che hanno approfondito tale tematica hanno introdotto correttivi e spunti di riflessione, anche critici, sia preoccupandosi di individuare i criteri per una diagnosi differenziale, sia inserendo tale problematica nel continuum di relazioni (da positive a negative) che si instaurano tra ciascun genitore e il figlio, prima durante e dopo la separazione di cui l’alienazione può essere l’esito finale di processi relazionali sempre più negativi, sia chiedendosi se effettivamente sia legittimo parlare di sindrome e, ancora, se gli interventi di «riprogrammazione del bambino» attraverso l’allontanamento siano efficaci e psicologicamente adeguati.
Alla luce di queste considerazioni e della non ancora pienamente condivisa definizione di PAS, il Comitato editoriale della rivista Psicologia Clinica dello Sviluppo ha deciso, attraverso alcuni quesiti posti a ricercatori e a professionisti di aree disciplinari diverse, di avviare una riflessione con l’obiettivo di chiarire in primo luogo se la PAS si possa (o si debba) definire «sindrome» e, in secondo luogo, se la alienazione genitoriale sia un fenomeno diffuso, quali le sue caratteristiche, le conseguenze sui figli, i metodi e le competenze per diagnosticarla e i provvedimenti psicologici e giuridici da adottare.
La Discussione è stata dunque organizzata attorno ad alcuni quesiti orientativi ai quali i partecipanti sono stati invitati a rispondere con riferimento alla propria esperienza professionale.
1) In assenza di violenza, maltrattamenti e abusi verso il bambino (condizioni nella quali è opinione condivisa si possa escludere la alienazione genitoriale) a quale definizione di alienazione genitoriale fa riferimento? Ritiene opportuno parlare di sindrome e ne auspicherebbe la introduzione nei Manuali Diagnostici?
2) La accettazione della alienazione genitoriale nella sua accezione di sindrome quali conseguenze sul piano clinico, giuridico e operativo comporta/comporterebbe.
3) A prescindere dalla concettualizzazione in chiave di sindrome, nella sua pratica professionale ha avuto esperienza di bambini con alienazione genitoriale? Se si, con quale frequenza, caratteristiche e gravità.
4) Vi sono criteri condivisi nella valutazione del genitore alienante, del genitore alienato e del bambino? Nella sua professione quali criteri valutativi e metodologie adotta per giungere a formulare una valutazione di alienazione genitoriale? Quali competenze e formazione ritiene debbano avere i professionisti?
5) Se la sua valutazione la porta a ritenere che il bambino sia affetto da alienazione genitoriale, quali provvedimenti adotta o suggerirebbe di adottare?Le colleghe e i colleghi che hanno contribuito al dibattito hanno fornito efficaci interpretazioni e chiavi di lettura che oltre a permettere una più accurata definizione della PAS, collocano tale condizione in una prospettiva relazionale ampia e articolata che consente di meglio cogliere le complesse dinamiche di tutti i protagonisti.
FONTI:
http://www.rivisteweb.it/doi/10.1449/74827